Cronaca di un cammino: Preparando il viaggio/1

17/08/2019     Ombretta Pisano     222

Non c’è nessun altro luogo come Gerusalemme, soprattutto per un credente. È vero che Dio è presente ovunque, è il Presente, che tutto quel che esiste è immerso in lui, e che lui sta in ogni luogo. Ma Gerusalemme è diversa, e non c’è altro luogo nell’universo come Gerusalemme.

È diversa come sono diversi i luoghi degli eventi della vita di ciascuno, sebbene insignificanti per gli altri. Se viene a mancarci qualcuno per noi importante, una persona cara con cui si è condivisa la vita, il dolore è grande, la nostalgia è forte. Non è forse vero che quando questo succede andiamo in cerca di tutto quello che fisicamente abbiamo condiviso con questa persona, i suoi luoghi, la sua famiglia, i conoscenti comuni, la stessa casa in cui abbiamo convissuto? La vicinanza al posto dove questa persona si trovava fisicamente, al suolo che calpestava, a tutto ciò che vedeva, ce la rende di nuovo viva, vicina. Ce la rende presente di una presenza talmente forte, vera e concreta che, paradossalmente, la sua assenza è più acuta e dolorosa. Molte persone dopo un lutto, non riescono a tornare nella stessa casa, a frequentare le stesse persone e tutto ciò che le ricorda. E lo stesso si può dire di qualunque tipo di separazione, come anche di quella degli amanti. La nostra esperienza umana ci ricorda che c’è una presenza davanti alla quale sentiamo tutto lo strazio della mancanza e dell’assenza. Tutto questo è molto “fisico”, non è un fatto puramente spirituale. Di “spirituale”, se proprio vogliamo parlarne, c’è la componente che fa andare oltre il dato puramente materiale e che fa diventare un luogo, il luogo.

Allo stesso modo si può dire di Gerusalemme, della terra che è stata toccata dal Signore, di Israele. Lui è dappertutto, però… però essere fisicamente presenti dove Lui è stato fisicamente presente, ce lo rende così vicino, appunto così Presente, che noi sentiamo più forte il dolore dalla sua assenza e questo non fa altro che chiamarci. Questo richiamo è una “vocazione”, potrei quasi dire un apostolato: quello di testimoniare la nostalgia di Dio, dello stare fisicamente con lui, perché è a questo che siamo chiamati. Il Paradiso è questo: stare fisicamente insieme al Signore. A noi, non ci spetta altro che questo stare fisicamente insieme al Signore, e questo “luogo” fisico ci chiama, e questo richiamo trasforma la nostalgia chiusa in se stessa in un desiderio, in un’aspettativa, dolorosa, forse, ma protesa e carica di speranza. Testimoniare questo desiderio è ricordare al mondo il desiderio (e il destino) del “Paradiso” come “stato di presenza”.

Questo vale per la terra: noi non possiamo stare senza la “terra del Signore”, senza la Terra del Santo, senza Gerusalemme, senza i luoghi che Lui ha fisicamente toccato. Questo vale per il suo popolo, per Israele, il popolo dell’Alleanza mai revocata: noi abbiamo bisogno del popolo di Israele perché , in qualche modo c’è la carne del Signore, e c’è fisicamente. C’è nelle sue membra di uomo ebreo e c’è nella carne della sua parola che ha preso forma scritta, e nella carne degli infiniti frutti di questa parola. Quando Paolo dice “non conosciamo più il Signore nella carne”, non intende che possiamo dimenticarci della carne di Cristo: sempre dobbiamo ritornare, ci dobbiamo ritrovare e re-incontrare come fratelli, debitori gli uni della carne degli altri.

Noi non possiamo fare né senza la Terra, né senza il Popolo. Se il popolo fosse annientato e la Terra fosse cancellata, come qualcuno ha provato e prova ciclicamente a fare, non avremmo più dove ritornare e la nostra nostalgia, frustrata, non sarebbe che un dolore parossistico. Finché il mondo esisterà, finché non sarà fatto nuovo come promesso, finché gli ultimi tempi non arriveranno e non arriverà il tempo di stare fisicamente insieme al Signore, in quello stato d’essere che chiamiamo “Paradiso”, avremo sempre con noi Terra e Popolo. 

Se ti dimentico. Gerusalemme, si paralizzi la mia destra!