27/09/2019 Ombretta Pisano 7490
Al mattino del secondo giorno, si inizia finalmente il viaggio, che è prima di tutto un viaggio nel tempo. Con un balzo ci proiettiamo indietro di millenni, per un assaggio delle origini di Gerusalemme e un tuffo nelle narrazioni dei libri delle Cronache, di Samuele, di Esdra e Neemia. Da tempo abbiamo prenotato, da casa, il biglietto per due nuovi siti, mai visitati prima, e che intendiamo raggiungere in bus, visto che abbiamo anche acquistato il pass dell’intera rete pubblica di trasporto valido una settimana. Anche questa è una novità. Ho sempre sentito dire che la terra santa si percorre a piedi. E’ giusto, perché in ogni angolo c’è qualcosa di interessante che passerebbe inosservato altrimenti. Però il fatto di non essere più dei ragazzetti saltellanti come una volta mette davanti a diverse necessità. Oltre a questo, bisogna dire che nel passato abbiamo sempre evitato il bus (tranne in alcuni casi) per l’alto rischio di attentati. Adesso questo rischio sembra ridotto, e siamo incoraggiati a vivere anche Gerusalemme come altre città del resto del mondo. Ma non si può certo arrivare dappertutto in bus: a Gerusalemme c’è sempre un percorso da completare a piedi. Ci avviamo quindi a piedi verso il Qotel, il cosiddetto “Muro del Pianto” o anche “Muro occidentale”, una piccola porzione del gigantesco Tempio i cui dintorni ci riservano molte sorprese.
E’ giovedì, e come ogni giovedì e ogni lunedì, i bambini maschi che hanno compiuto tredici anni vanno verso il Qotel per il loro Bar MItzva, l’atto che segna la loro entrata nell’età “adulta” , dal punto di vista religioso. Insieme ai loro familiari vanno, portati sulle spalle, sotto una tenda bianca in un corteo festoso, con canti e musica di tamburi e sassofoni. Tutti battono a ritmo le mani e invitano chi incontrano sul cammino a fare altrettanto. In prossimità dell’ingresso alla piazza del Qotel vengono suonati davanti a loro dei corni di ariete e pronunciate benedizioni. Nel corso della mattinata ne abbiamo incontrati diversi, ognuno col suo stile: chi più fastoso chi più dimesso. In ogni caso una festa contagiosa.
La nostra prima sosta è all’Ofel, la “Città di Davide” menzionata in 2Cr 33,14. Si tratta della propaggine a Sud del monte del Tempio, una collinetta che nel passato era un luogo arido e sassoso e difficilmente praticabile, ma oggi parte di un Parco Nazionale. Abbiamo passeggiato tra i resti di case e palazzi, quelli della corte e dei re. Da qualche parte lì era il palazzo dalle cui finestre, rivolte verso il modesto abitato che sorgeva più in basso, il re Davide intravide Betsabea, giovane sposa del soldato Uria.
Poi ancora più giù, ad esplorare il budello sotterraneo (sconsigliato ai claustrofobici) del pozzo di Warren, un canale ora asciutto di epoca cananea, che convogliava le acque della sorgente del torrente Gihon (l’unica riserva d’acqua della città) dall’esterno delle mura urbane fino all’interno, passando per il giardino reale e arrivando al Tempio. Poco più sotto, il famoso canale di Ezechia, dell’VIII sec. aC, ancora pieno d’acqua, permette un’avventura ancora più audace: in alcuni tratti l’acqua arriva a 70 cm e si percorre senza luce. E la piscina di Siloe, di evangelica memoria.
E poi ancora su, verso le vestigia del tempio, ma sotto il suo punto più alto, il pinnacolo. Lì, nella valle del Cedron, oggi è possibile visitare un’area archeologica ricchissima, il Davidson Center (dal nome del finanziatore degli scavi), che contiene reperti risalenti al I millennio aC., all’epoca di Davide e Salomone. Particolarmente impressionante è la scalinata monumentale ampia circa 10 metri, che conduceva al Tempio. All’epoca di Gesù era luogo di incontro dei maestri (rabbi) del popolo, per questo lo stesso Gesù lo ha certamente frequentato, passandovi per entrare nel Tempio e intrattenendosi a discutere sulla Legge con gli altri saggi della sua epoca.
Nel periodo bizantino, proprio sotto il pinnacolo del Tempio sorgeva un monastero femminile di clausura stretta. L’area attuale è molto gradevole e libera dalle grandi folle: il caldo veramente notevole non rovina l’esperienza, davvero unica. Chissà quali altri tesori della storia biblica ancora nasconde!
Appena sopra, sorge il Qotel, ciò che è visibile dell’antico Tempio, tre volte distrutto e altrettante ricostruito. Il centro del mondo, secondo la riflessione cabalistica, il luogo del giardino dell’Eden, il monte Moriah del sacrificio di Isacco, quello dove sorgeva il Santo dei Santi e dove sorge oggi la moschea della Cupola d’Oro che caratterizza tutti i panorami fotografici di Gerusalemme. Nel 1867, in corrispondenza del muro perimetrale erodiano dagli imponenti blocchi di pietra (il più grande dei quali pesa circa 500 tonnellate!) è stato scoperto un tunnel che percorre per circa 250 metri il basamento dell’antico edificio, sbucando nella Via Dolorosa, proprio di fronte al Convento della Flagellazione. Il tunnel del Qotel è stato sottoposto a scavi sistematici solo nel 1987 e inaugurato nel 1996 a prezzo, purtroppo, di gravi disordini. Nella visita, che si prenota via internet (meglio se con largo anticipo), si scende a circa dodici metri al di sotto del basamento, e si arriva alla roccia viva del monte Moriah, in prossimità del luogo in cui si ergeva il Santo dei Santi, opportunamente segnalato e oggi luogo di preghiera delle donne ebree.
Dopo un piccolo pranzo nel ristorantino armeno che si trova all’interno della quarta Stazione della Via Dolorosa, per la Porta di Damasco ritorniamo, stanchissimi, all’albergo. Di pomeriggio, siamo stati ricevuti da fra’ Jean nel Convento francescano di San Salvatore, centro della Custodia di Terra Santa: una bella chiacchierata davanti (finalmente!) a un buon caffè.
Qui sotto, due video della nostra giornata:
Studi, recensioni, "pillole"...
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