Articolo: Come l'Apocalisse presenta Gesù?

27/11/2012     Ombretta Pisano     7482

Gentile Angela, una risposta dettagliata alla sua domanda richiederebbe un vero trattato di cristologia. Lo spazio a mia disposizione mi obbliga ad indicare solo alcuni aspetti della figura di Gesù nell'ultimo Libro del Nuovo Testamento, quelli che emergono soprattutto dai numerosi titoli che vengono a lui attribuiti nel Libro.

In senso generale Gesù rappresenta, senza dubbio, la figura centrale dell'Apocalisse. Soprattutto in questo Libro Gesù è presentato in modo molto originale rispetto agli altri Libri del Nuovo Testamento.

Per mostrare questa originalità è necessario fare innanzitutto riferimento al nome del Libro "Apocalisse", che in greco esprime "svelamento, rivelazione", esattamente la rivelazione della presenza e dell'azione di Gesù accanto al suo popolo nella sua storia concreta.

Il contenuto del Libro, espresso con il linguaggio simbolico proprio del genere letterario apocalittico (vi sono altri esempi molto antichi di letteratura apocalittica e testi di questo genere si incontrano anche nell'Antico Testamento, oltre che in altri testi dello stesso Nuovo Testamento), ha l'obiettivo di "allenare" i discepoli di Cristo a scoprire le tracce della presenza e dell'azione del Risorto nella storia della comunità ecclesiale e di insegnare come restargli fedeli nelle prove e nelle sfide presentate da questa storia.

Fatta questa premessa, passiamo a esaminare quali tratti specifici assume la figura di Cristo attraverso i vari titoli che gli sono attribuiti. Questi titoli riassumono le diverse "qualità" di Gesù, indicando chi è e cosa fa. Nel tempo successivo alla Pasqua, il tempo in cui Gesù non è più fisicamente visibile, emerge la necessità che il cristiano sappia come riconoscerlo, sappia individuarne la presenza, l'azione, i segnali attraverso cui egli si mostra vivo in mezzo alla sua chiesa. I titoli aiutano i discepoli in questa progressiva scoperta.

Ne faccio un elenco secondo l'ordine di apparizione nel Libro:

- Colui che tiene saldamente le sette stelle nella mano destra, e che cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro (2,1)

- Il Primo e l'Ultimo, colui che morì e tornò alla vita (2,8)

- Colui che tiene la spada affilata a due tagli (2,12)

- Il Figlio di Dio, i cui occhi sembrano fiamme di fuoco e i cui piedi sembrano bronzo (2,18)

- Colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle (3,1)

- Il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide (3,7)

- l'Amen, il Testimone Fedele e degno di fede, il Principio della creazione di Dio (3,14)

- Il germoglio (=la radice) della stirpe di Davide, la stella brillante del mattino (5,5; 22,16)

La maggior parte di queste espressioni sono contenute nella sezione delle Lettere alle sette chiese, nella prima parte del Libro. Si tratta di auto-presentazioni che Cristo stesso fa di se perché vuole essere riconosciuto in quel modo dalle comunità a cui si rivolge. Questo titoli affondano le loro radici nell'Antico Testamento e in una simbologia tipica che qui non si può approfondire ma che globalmente si riferisce a qualità divine. Queste qualità divine vengono applicate a Cristo nel suo guidare la chiesa, della quale conosce e rivela i peccati e le buone qualità, giudica le situazioni delle comunità e suggerisce i rimedi. Ma presentano Gesù anche come Dio che resta sempre accanto ai suoi e li guida come il re Davide guida il suo popolo Israele, camminando sempre alla sua testa e vincendo insieme ad esso. L'obiettivo è quello di alimentare la fiducia in lui e così rinforzare e incoraggiare le comunità cristiane.

Una qualità molto importante del Cristo che viene evidenziata dall'Autore dell'Apocalisse è quindi il suo legame con la figura del re Davide, il re santo di Israele. Anche questo legame è espresso tramite dei titoli:

- il Testimone fedele, Primogenito dei morti, Principe dei re della terra (1,5; 3,14; 19,11; cf. Salmo 89 che si riferisce appunto a Davide)

- Colui che ha la chiave di Davide (3,7)

- Il Leone della Tribù di Giuda, il germoglio (= radice) di Davide (5,6; 22,16)

- Il Figlio maschio che governerà tutte le nazioni con scettro di ferro (12,5; 19,15; cf. Salmo 2 che si riferisce a Davide)

- Il Re dei Re e Signore dei Signori (19,19)

Questa insistenza sul regno davidico di Gesù ha una sua ragione. Nel capitolo 5 dell'Apocalisse, in cui per la prima volta l'Autore del Libro presenta il Gesù-Davide, lo inserisce in una cornice in cui Cristo è presentato come l'Agnello. Questa espressione si riferisce al mistero della vita e della morte di Gesù. L'Autore del Libro vuole per così dire che noi teniamo presente simultaneamente due figure quando parliamo di Cristo: egli è Agnello e questo Agnello è re. Ma l'Agnello sta "in piedi come immolato" (5,8) e di seguito: "sei stato immolato e hai riscattato, con il tuo sangue, per Dio, uomini di ogni tribù... e regneranno sulla terra" (5,10). C'è un legame di interdipendenza tra Agnello e Re: Cristo è re perché è stato immolato, perché è passato attraverso la passione e la morte. Il suo regno è un regno che ha il sigillo dell'amore che si mette a servire, che dà la vita e che riscatta. Non si tratta di un regno come quelli terreni. Il ricorso all'immagine dell'Agnello fa in qualche modo da correttivo alla figura storica del re Davide. Il cristiano non può credere in un regno diverso da quello caratterizzato dal servizio fino alle estreme conseguenze.

La qualità "davidica" di Gesù indica chi egli è e come agisce e, al tempo stesso, rivela qualcosa anche della chiesa, che del Cristo assume a sua volta gli stessi tratti e prerogative. Come Cristo è "radice", così la chiesa è "discendenza" davidica, è un popolo di re destinati a superare sempre nuove prove e nuove sfide ma nella certezza di poter vincere e di partecipare alle promesse fatte a ogni vincitore: "gli darò l'autorità sulle nazioni; con scettro di ferro le guiderà... (2, 27 cf. Sal 2); e ancora: "sarò il suo Dio e lui sarà mio Figlio" (21,7; cf. Sal 89; 2 Sam 7,14).