01/12/2012 Maria Brutti 7486
Nella Bibbia ebraica abbiamo diverse forme di preghiera e differenti parole che indicano la preghiera. Una di queste è tephillah, parola che significa, in senso generale, “supplica a Dio”, ma anche “intercessione, supplica per un altro” (vedi, ad esempio l’uso del termine in Is 1:15:
Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate la preghiera (tephillah),
io non ascolto.
Troviamo però nella Bibbia, ad indicare la preghiera, anche un’altra parola che, nella lingua ebraica differisce dalla prima per una sola lettera alfabetica: tehillah. Nel suo più generale significato, essa indica un canto, una lode, un inno di preghiera. E’ parola usata spesso nei Salmi, che nell’Ebraismo sono chiamati: Sefer Tehillim, cioè: Libro dei Canti, delle Lodi, dove Tehillim è il plurale di tehillah.
Tra gli esempi, troviamo:
Sal 40:4 Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode (tehillah) al nostro Dio.
Sal 22:3-4 Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode (tehillah) di Israele.
Sal 100:4 Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode (tehillah),
lodatelo, benedite il suo nome;
Come sggerisce Elia Kopciowski, autore di alcuni libri sulla preghiera ebraica, il termine tehillah indica sì una preghiera, ma una preghiera che chiama in causa Dio nelle dolorose situazioni della vita dell’uomo. Tehillah significa perciò anche riflettere, meditare, invocare Dio perché intervenga nella nostra esistenza, perché non si dimentichi delle sue creature. Tuttavia, ricorda Kopciowski, la pratica della preghiera implica per il credente ebreo l’accettazione della volontà di Dio, per quanto essa sia imperscrutabile.
Studi, recensioni, "pillole"...
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