Il saluto di Arthur Schneier e Alan Solow a Benedetto XVI in occasione dell'udienza ai membri di una delegazione della 'Conference Of Presidents Of Major American Jewish Organizations'

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Schneier, Arthur - Solow, Alan

Città del Vaticano       12/02/2009

Shalom, Santità, la pace sia con Lei,
lo scorso anno, alla vigilia della Pasqua ebraica, ho avuto il privilegio di accoglierla presso la Park East Synagogue, a New York, durante la sua storica visita negli Stati Uniti. La prima visita papale in una sinagoga americana è stata un'altra espressione del suo impegno per la comunità ebraica. Oggi, la delegazione della Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane gode della sua ospitalità in un momento difficile nelle relazioni fra cattolici ed ebrei. La ringraziamo per questo incontro che contribuirà alla comprensione reciproca e al superamento delle difficoltà. In quanto sopravvissuto alla Shoah questi giorni sono stati dolorosi e difficili nell'affrontare la negazione dell'Olocausto da parte, addirittura, di un Vescovo della Fraternità di San Pio X. Nel 2009 cade il settantesimo anniversario dello scoppio della seconda guerra mondiale, il 1° settembre 1939. Abbiamo entrambi vissuto i danni della guerra, la morte, il dolore e la devastazione. La Shoah è costata la vita a sei milioni di ebrei, uomini, donne e bambini, inclusa la mia famiglia ad Auschwitz e a Terezin. Santità, noi e altri che abbiamo assistito alla disumanizzazione dell'uomo verso l'uomo come possiamo non opporci alla negazione della Shoah? Le sue vittime non ci hanno concesso il diritto di perdonare chi lo ha perpetrato né chi lo nega. La ringraziamo perché comprende il nostro dolore e la nostra angoscia e per la sua ferma dichiarazione che esprime «indubbia solidarietà» al popolo ebraico e condanna la negazione dell'Olocausto.
Nell'autunno della nostra vita dobbiamo trasmettere alle future generazioni il «mai più» raccontando loro la Shoah. Ciò può essere un appello alla coscienza e farci risvegliare dal sonno dell'indifferenza di fronte alla minaccia di genocidio ai giorni nostri.
Santità, grazie alla Nostra aetate abbiamo potuto guarire le ferite del passato e giungere alla riconciliazione fra la Chiesa e la comunità ebraica. Il suo impegno personale e quello del Papa Giovanni Paolo ii, di venerata memoria, per «abbracciare il fratello maggiore» ci ha dato ulteriore incoraggiamento a creare vincoli ancor più stretti fra cattolici ed ebrei in tutto il mondo. Santità, la ringraziamo per esserci ripetutamente vicino mentre affrontiamo la nuova piaga dell'antisemitismo, la profanazione e l'incendio di sinagoghe.
Attraversando il deserto, gli ebrei, non portarono solo le seconde tavole nell'arca, ma anche quelle rotte. Portiamo con noi ricordi di secoli di persecuzione, oppressione e denigrazione, ma non siamo paralizzati dal passato. Continuiamo con fede nello Shomer Yisrael, il Custode di Israele, che ci ripara e ci protegge in tutti i tempi (Salmi, 121). Abbiamo ricostruito la nostra vita e avuto il privilegio di assistere al risorgere dello Stato di Israele, ovvero all'avverarsi della profezia di Ezechiele: «Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò» (37, 14). La Terra promessa attende il vostro arrivo.
Il nostro rapporto, basato sul solido fondamento del Vaticano ii, può sopravvivere a periodiche battute d'arresto. Possiamo emergere ancora più forti per collaborare nell'affrontare le enormi sfide della nostra civiltà. Che Dio Le doni forza e lunga vita per essere il costruttore di ponti alla ricerca della pace, del dialogo tra le religioni e della tolleranza.
Oseh Shalom Bimromav Hu Yaaseh Shalom Aleinu: che Colui che ha fatto la pace nei cieli, ci aiuti a stabilirla sulla terra.


Quindi ha preso la parola Alan Solow, Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane. Di seguito una nostra traduzione italiana del suo saluto.
Siamo onorati e grati di avere l'opportunità di essere ricevuti da Lei, Santità, e di proseguire il dialogo fra la Chiesa e la comunità ebraica. Il fatto che per la prima volta la delegazione della Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane visiti il Vaticano riveste per noi un significato e un'importanza particolari.
Giungiamo in un momento critico e speriamo che questo incontro contribuisca al processo di riconciliazione e di cooperazione costruttiva. Ricordiamo la sua importante visita storica presso la sinagoga di Colonia e ai campi di morte di Auschwitz-Birkenau. Eventi recenti hanno reso tesi i rapporti fra la Chiesa cattolica e la comunità ebraica. La richiesta della Santa Sede al vescovo Williamson di rinunciare alla sua ripugnante negazione dell'Olocausto, che la Conferenza episcopale statunitense ha definito «totalmente falsa», è stata un'iniziativa accolta con favore. Bisogna ribadire continuamente che non può e non potrà esserci alcuna forma di tolleranza per qualsiasi tipo di negazione della Shoah.
Santità, in tutto il mondo assistiamo al drammatico ripetersi di antisemitismo e di atti di violenza fisica e verbale contro gli ebrei. Settant'anni fa abbiamo imparato qual è il prezzo del silenzio e dell'inazione in quanto molti, troppi, sono rimasti a guardare o hanno dato il proprio assenso durante gli eventi culminati nella Shoah e nella morte di sei milioni di ebrei e di milioni di altri innocenti. La recrudescenza di un evidente antisemitismo esorta a fervidi appelli a ogni livello per contrastare quest'odio sfrenato e per dimostrare che non sarà tollerato. La storia ci insegna che, se il fanatismo e l'odio, sotto qualsiasi forma si manifestino, non sono tenuti sotto controllo, travolgono veramente tutti noi. All'allarmante attacco alla sinagoga di Caracas è seguito un attacco alla Nunziatura apostolica. Anche se non direttamente collegate, queste due azioni dimostrano che noi tutti diveniamo vittime di tali incitamento ed estremismo. Notiamo con apprezzamento che la Santa Sede ha assunto una posizione contro l'antisemitismo, secondo la quale qualsiasi attacco agli ebrei o all'ebraismo è un attacco alla Chiesa e alla dichiarazione di Vostra Santità.
Con rispetto le chiediamo, Santità, di continuare a denunciare l'antisemitismo in tutte le sue forme e a esortare i responsabili della Chiesa in ogni Paese a farne una priorità. Le loro voci avranno una vasta eco e altre persone di buona volontà risponderanno a quest'appello.
Accogliamo con favore e apprezziamo la Sua prevista visita in Israele. Il popolo e i responsabili di Israele l'attendono con ansia, così come noi. La Terra Santa riveste un grande significato per entrambe le nostre fedi. Per il popolo ebraico il passato, il presente e il futuro sono legati a questa sacra terra promessa ai nostri antenati millenni fa. Come confermato nella Nostra aetate, l'alleanza fra Dio e il popolo ebraico è eterna. Gli sforzi sempre maggiori per demonizzare e delegittimare lo Stato di Israele sono causa di grave preoccupazione. Lei, Santità, può contribuire a far tacere le voci degli estremisti che sono a favore della distruzione di Israele nel Medio Oriente e nel mondo e di quanti compiono atti di terrorismo contro i suoi cittadini. Bisogna anche tener conto di chi aiuta e appoggia i terroristi, fornendo loro sostegno e giustificazione.
È nostra speranza che la riaffermazione del principio e delle disposizioni incarnate nella Nostra aetate mandino un chiaro messaggio su quali sono le posizioni della Chiesa, radicate nel suo fondamento religioso e morale.
Di nuovo, Santità, le siamo grati per questa opportunità. Grazie.

[Traduzione del testo originale in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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Inserito 01/01/1970