Un appello al Concilio Ecumenico

Documenti sulla Nostra Aetate (1965)

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Lattes, Dante
Italia

Si possono capire, magari, con un certo sforzo, tutti gli odi, tutte le rivalità, tutte le antipatie fra i popoli, fra le classi, fra gli individui, ma quello che è enormemente arduo a spiegarsi è l'antisemitismo dei cristiani così tenace, inesorabile, incrollabile, universale ed eterno come esso è.

Per due motivi principali esso è inesplicabile e contraddittorio:

1) perchè il cristianesimo è in sostanza un fenomeno ebraico che ebbe quali protagonisti, quali attori, quali ispiratori e fondatori persone ebree ed ha ereditato idee ebraiche e scritture ebraiche, che sono gli elementi primi, essenziali e indimenticabili della sua più vera e più intima stona;

2) perchè l’odio e le persecuzioni con cui i cristiani hanno accompagnato, fino dall'alba della loro storia religiosa, le persone e le idee ebraiche, nell’atto stesso in cui ereditavano tutto il patrimonio di fede e di speranza di Israele, contraddicono a quella stessa predicazione morale di cui essi menano vanto come la caratteristica più originale e più preziosa del verbo evangelico, contraddicono cioè spietatamente all'amore per gli uomini e al dovere predicato da Gesù di amare perfino i nemici e di pregare per coloro che vi perseguitano (Mt 5,43-48), di porgere l’atra guancia a chi vi ha dato uno schiaffo (Lc 6,27-35).

I cristiani, che dal I secolo dell'Era volgare fino ad oggi hanno accumulato ogni specie di accuse e hanno adoperato ogni specie di armi contro gli ebrei, dai roghi dell'inquisizione ai ghetti e alle cacciate inesorabili e totali, hanno dimenticato che Gesù era ebreo, nato e vissuto come tale in terra d'Israele e crocifisso dai romani quale presunto e temuto rex judaeorum, che Giuseppe suo padre e Maria sua madre erano ebrei, che gli apostoli suoi discepoli erano ebrei, che i vangeli sono un prodotto ebraico nato su terreno ebraico, che il cristianesimo non si capirebbe senza la fede, senza le Scritture e senza le speranze ebraiche.

C'è stata una rivalità originaria fra la propaganda dei farisei, che correvano per le terre e per i mari per fare proseliti alla loro idea (Mt 23,15) e l'apostolato cristiano delle genti; ma anche questa gara per la conquista delle folle pagane, anche questo antagonismo fra concorrenti in una così nobile impresa di civiltà non doveva concludersi da parte cristiana con una guerra all'ultimo sangue, con un desiderio di eliminazione totale dell'avversario che era in sostanza fratello e maestro. Se si fosse trattato di un'altra specie di rivalità, di un antagonismo di carattere politico o commerciale, si sarebbe potuto capire, se non giustificare l'accanimento con cui si era cercato di schiacciare l'avversario ebreo. Ma un così inesorabile odio non avrebbe dovuto sembrare lecito a coloro che credevano nello stesso Dio giusto e misericordioso della Bibbia e ne diffondevano nel mondo la religione e la parola. L'antisemitismo cristiano trasse il suo primo e principale alimento da una rivalità teologica, da una inimicizia spirituale, e - cosa incomprensibile - dalla credenza nello stesso Dio e nella sua rivelazione, dall'antagonismo fra l'Antico ed il Nuovo Testamento, cioè fra il primo verbo antico e quello recente, da una specie di concorrenza nel possesso della verità divina ed eterna che la chiesa faceva alla sinagoga. Strana rivalità fra i seguaci dello stesso verbo monoteistico e fra i fedeli dello stesso Dio!

Ammesso pure che la rivalità teologica o la gara insorta fra i primi cristiani e gli ebrei nell'impresa di conquista delle anime pagane potessero condurre ad un grado di esasperazione i credenti nello stesso Iddio, in che modo adempivano i cristiani a quel comandamento che pareva dovesse essere lo stemma nuovo, il verbo originale, il dogma morale distintivo della nuova religione, cioè l'amore, l'amore verso tutti, perfino verso inemici? O gli ebrei erano fratelli, figli dello stesso Dio, o erano nemici. In ambedue i casi dovevano essere amati da coloro che credevano nel verbo d'amore di Gesù, vecchio o nuovo che fosse (1 Gv 1,7 -11) e volevano esser degni di lui e del suo insegnamento. Come è potuto accadere che gli ebrei siano stati il bersaglio della secolare e micidiale inimicizia delle folle cristiane, aizzate dai loro capi, dai loro principi, dai loro sacerdoti, dai loro maestri durante la lunga età antica, medioevale e moderna, intutto l'orbe terracqueo? Questo è l'impenetrabile enigma, il fenomeno contraddittorio, inesplicabile ed angoscioso dei rapporti fra cristiani ed ebrei; questa è la domanda che noi ci permettiamo di rivolgere ai buoni e onesti cristiani che, malgrado tutto, esistono in mezzo alle nostre società civili, additando loro con orrore il baratro a cui l'antisemitismo antico e moderno ha condotto l'umanità e nel quale sono stati sepolti milioni di ebrei ed è stata trascinata ingiustamente la religione di Gesù e di Paolo. Noi ci permettiamo di chiedere ai grandi spiriti della chiesa raccolta nel concilio ecumenico che esprimano il loro alto giudizio e dicano la loro autorevole parola alle folle che attendono dalla loro saggezza, dalla loro spirituale fede, dall'insegnamento d' amore del vangelo un consiglio e una norma per la loro condotta nell'aspro cammino della vita.

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(D. Lattes, L'antisemitismo dei cristiani è un fenomeno inesplicabile, Rassegna Mensile d'Israel XXVIII, 9 sett. 1962, pp. 392-394).

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Documento inserito il 13/02/2014