Articolo: La scrittura dei vangeli 1 - Introduzione

10/11/2013         136

A partire dalla conclusione del Concilio Vaticano II nel 1965,  la comunità cattolica romana è stata testimone del risveglio di un enorme interesse verso la Bibbia.  Un gran numero di cattolici ha cominciato ad esplorare una Bibbia che in precedenza non era stata loro familiare. Ciò è stato incoraggiato da alcuni documenti ufficiali della Chiesa Cattolica, che nel corso degli anni hanno promosso quella che si potrebbe chiamare consapevolezza critica delle sacre scritture.  Qui  la parola "critica" non significa "negativa" o "sfavorevole", ma si riferisce piuttosto ad una attenta considerazione  o analisi. Tale consapevolezza riconosce che gli scrittori biblici, spesso motivati dalle  circostanze storiche del loro tempo, hanno espresso le loro intuizioni ispirate, secondo le norme letterarie delle loro culture. Perché i lettori moderni, vivendo migliaia di anni dopo  in una società diversa, apprezzino con esattezza queste intuizioni, devono  cercare di colmare il salto temporale e culturale che li separa dagli autori sacri. In altre parole, quando si legge la Bibbia si deve  "ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire” (Concilio Vaticano II, DeiVerbum, 12) interpretando le loro parole nel loro contesto letterario e storico.

La tradizione cattolica, e anche altre, fa una distinzione tra rivelazione e ispirazione. Tutto nella Bibbia è ispirato, perché gli autori sacri sono stati mossi da Dio a riflettere, pregare, e scrivere sull’opera del divino nella loro vita. Tuttavia, solo alcune delle intuizioni degli scrittori sono verità rivelate su Dio e l'umanità. Ad esempio, l'autore di Genesi 1 è stato ispirato a comporre una descrizione della creazione del mondo. Dal momento che la sua società riteneva che la terra fosse piatta, lo scrittore ha raffigurato Dio come l'organizzatore  di un cosmo caotico in una terra piatta sovrastata dalla cupola  del cielo che impediva alle primordiali acque cosmiche di precipitare sulla terra. Questa concezione pre-scientifica non fa parte del messaggio divino della Bibbia, ma l'  intuizione religiosa che Dio è l'unico creatore dell'universo è certamente  una verità rivelata e  senza tempo! E’ distinguendo gli aspetti storicamente e culturalmente condizionati degli  scritti ispirati che la rivelazione di Dio nella Bibbia diventa evidente.

Questo principio è molto importante nella lettura dei Vangeli. La Pontificia Commissione  Biblica ha emesso negli ultimi decenni una serie di istruzioni che richiedono una consapevolezza critica del Vangelo da parte di tutti i credenti. Esse insistono che per apprezzare pienamente i significati profondi dei Vangeli  si devono considerare l’ interesse  e il contesto storico di ciascun evangelista (scrittore del Vangelo).

Dal momento che ogni Vangelo fu rivolto agli interessi particolari di ogni comunità ecclesiale locale dell'evangelista, poiché  scrittori diversi portarono contributi letterari e contesti diversi per il loro lavoro e poiché ognuno ebbe fonti di informazioni diverse a sua disposizione, ogni Vangelo offre una prospettiva unica sul significato della vita e della morte  di Gesù.  Vangeli diversi presenteranno  lo stesso episodio in modi sorprendentemente  contrastanti, a causa delle divergenti sottolineature teologiche ed interessi degli autori. Per esempio, il Vangelo di Marco raffigura Gesù nel giardino del Getsemani in grande angoscia e tormento , che vuole  in qualche modo sfuggire al suo calvario imminente (Mc 14,33-36), mentre nel Vangelo di Giovanni un Gesù  con il  completo controllo della situazione si fa avanti risolutamente verso coloro che vogliono arrestarlo, inducendoli a cadere a terra, quando dichiara maestosamente "IO SONO"  colui che cercate. (Gv 18,1-6).

Questa ricca diversità nelle raffigurazioni fornite dai quattro Vangeli deve essere considerata preliminare alla comprensione del ministero di Gesù. Per le persone la cui familiarità con i Vangeli è limitata all’ascolto di  passi scelti proclamati nelle liturgie domenicali, la  speciale  e peculiare enfasi di ogni evangelista è muta. Invece, l'ascoltatore inconsciamente "omogeneizza" i Vangeli in un insieme armonioso, in cui ogni caratteristica unica va perduta. Per tale ascoltatore tutti i Vangeli dicono più o meno la stessa cosa, ed è talvolta sconvolto nello scoprire che non è così.

Questa serie di saggi intende introdurre i tre Vangeli "sinottici" di Marco, Matteo e Luca, con l'obiettivo di evidenziare i loro caratteri distintivi. In particolare, sarà descritta la  rappresentazione di Gesù fatta da ogni evangelista , o cristologia, insieme con il modo in cui lo scrittore ha capito cosa significasse essere un discepolo di quel Gesù. Collocare ogni Vangelo nella situazione storica in cui esso è stato composto costituirà anche un aiuto e una guida per i credenti di oggi in quanto essi, a loro volta, cercano di esprimere il significato della Buona Novella di Gesù nelle  circostanze contemporanee.

Il periodo pre-Vangelo

Negli ultimi decenni, gli studiosi della Scrittura sono arrivati ad un consenso praticamente unanime su  quando  i Vangeli siano stati composti  e come siano in relazione tra loro.  Il Vangelo di Marco sembra essere stato scritto per primo, essendo stato composto vicino all’anno 70. Siccome il ministero di Gesù si svolse, come sembra, durante i primi anni 30 e la sua crocifissione avvenne al più tardi nell’anno 33, passarono circa quattro decenni prima che fosse completato il primo dei Vangeli. Un simile ritardo da parte degli evangelisti può sembrare  sorprendente ai credenti del XXI secolo, che hanno esperienza dell’immediatezza propria della nostra cultura di comunicare e documentare eventi storici. Chiaramente i primi cristiani vivevano con aspettative, interessi e circostanze differenti da quelle di oggi.

Sarebbe stato inconcepibile per la maggior parte dei credenti del I secolo che duemila anni dopo le persone potessero discutere le loro scritture. Molti erano sicuri che il Signore Gesù sarebbe tornato nella gloria molto presto, sicuramente durante la loro stessa vita. Ad esempio, l'apostolo Paolo, le cui lettere sono le parti più antiche del Nuovo Testamento, sembra abbia predicato il ritorno imminente di Cristo con tale energia che la chiesa di Tessalonica fu profondamente turbata quando alcuni di loro morirono. Temevano che i loro cari potessero essere perduti  per sempre, poiché non erano sopravvissuti fino alla fine dei tempi. Paolo li consolò con il messaggio che “ noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti.

…  E prima risorgeranno i morti in Cristo;”(1 Ts 4,15-16).

Forse  i primi cristiani non sentivano la necessità di scrivere lunghi racconti sulla vita di Gesù a beneficio delle generazioni future. Non si aspettavano che ci sarebbero state molte generazioni future! La loro attenzione non era fissata sulla registrazione del passato, ma era incentrata sulla preparazione per un futuro che irrompeva rapidamente.

Anche se nei primi quattro decenni della Chiesa alcuni cristiani non erano interessati a comporre resoconti per i posteri, è probabile che le narrazioni della passione e risurrezione di Gesù possano essere state scritte abbastanza presto. Sembra anche certo che siano circolati  vari tipi di "raccolte " delle parole e delle azioni  di Gesù, probabilmente per scopi missionari.

Sembra che compilazioni dei detti e delle parabole di Gesù siano state preparate  da persone che lo riverivano come un grande maestro di sapienza. Alcuni composero brevi descrizioni della sua passione e morte per sottolineare che colui che era morto era risorto. Altri raccolsero racconti delle sue azioni miracolose perché  stimavano Gesù come un taumaturgo. Alcuni di questi tipi di scritti, insieme a vari filoni di tradizioni orali, furono a disposizione degli evangelisti quando iniziarono a preparare i loro Vangeli.

Con il passare degli anni, la generazione degli apostoli e dei testimoni oculari cominciò a scomparire. La morte di coloro che avevano avuto contatto diretto con Gesù contribuì senza dubbio al desiderio  di conservare i primi resoconti  e tradizioni. Si noti che il Vangelo di Luca inizia con l'osservazione che “molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola”  (Lc 1,1-2).

Potrebbe non essere una coincidenza il fatto che la composizione del primo Vangelo, il Vangelo di Marco, ebbe luogo entro pochi anni dalla morte di tre dei più importanti cristiani della "prima generazione". Giacomo, conosciuto come il fratello del Signore, fu ucciso a Gerusalemme intorno all'anno 60, mentre Paolo e Pietro sembrano essere stati giustiziati a Roma nella metà degli anni '60.

Gli anni del Vangelo

Sembra che l'autore di Marco abbia avuto una raccolta di storie di miracoli di Gesù che incorporò e modificò nel suo Vangelo. Inoltre, la sua comunità ecclesiale stava evidentemente soffrendo persecuzione ed angoscia. Un'antica tradizione, sostenuta da una piccola  maggioranza di studiosi contemporanei della  Scrittura, dichiara che questo Vangelo fu scritto a Roma. Se è così, allora il Vangelo potrebbe essere stato composto poco dopo la persecuzione dei cristiani da parte dell’imperatore  Nerone (64-66) e durante la guerra giudaico-romana  (66-70). Vivere  durante questi eventi tumultuosi e dolorosi avrebbe certamente influenzato il modo in cui  Gesù fu raffigurato  e avrebbe dato un’impronta alle  aspettative del futuro dell'evangelista.

Durante il decennio degli anni '80, furono composti  il Vangelo di Matteo e il Vangelo di Luca, indipendentemente l'uno dall'altro. Ma anche se questi scrittori non erano a conoscenza del lavoro reciproco, appare indubbio che entrambi possedessero una qualche forma del Vangelo di Marco. Questo permette ai moderni ricercatori di percepire le preferenze individuali e gli stili di questi due scrittori con più facilità che con l'autore di Marco, poiché i prodotti finiti possono essere confrontati con una delle loro fonti.

Per esempio, Mc 6,5-6 nel raccontare la scena spesso definita come “il rifiuto di Gesù a Nazaret”, commenta che: “E lì non poteva compiere nessun prodigio…E si meravigliava della loro incredulità”.  Mt 13,58, tuttavia, osserva che “E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi”. Apparentemente, lo scrittore di Matteo si sente a disagio con il Gesù di Marco che “non poteva” fare qualcosa, e di conseguenza altera il testo di Marco. Allo stesso modo, quando Gesù emette il suo ultimo respiro in Mc 15,39, il centurione esclama: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».  Ma in Lc 23,47 egli grida: «Veramente quest'uomo era giusto!» (o “innocente!”). Chiaramente, i due autori vogliono sottolineare idee diverse circa la morte di Gesù, come vedremo in seguito. Per ora, è sufficiente osservare che la capacità di confrontare Matteo e  Luca, con la loro fonte Marco ci fa intuire ciò che ha in mente ciascun evangelista mentre lavora.

Queste comparazioni hanno rivelato ancora di più su Matteo e Luca. Dopo aver tolto il materiale marciano sia in Luca che in Matteo, rimane ancora una considerevole quantità di testi che entrambi hanno in comune. Questi elementi comuni rimanenti sono praticamente tutti i detti di Gesù. Di conseguenza, la grande maggioranza degli studiosi della Scrittura sostiene che sia Matteo che Luca avevano, oltre a Marco, una raccolta di detti di Gesù che essi utilizzarono. Questa “fonte dei detti”, nota come “Q” dalla parola tedesca per “fonte" (quelle) è un esempio di uno degli scritti pre-evangelici sopra nominati.
Sia il Vangelo di Matteo che quello di Luca, contengono anche materiali unici per ciascuno che possono ancora gettare ulteriore luce sui loro rispettivi autori. Il Vangelo di Matteo sembra essere stato composto da un leader della chiesa ebraica,  che considera Gesù  la rivelazione definitiva della Sapienza di Dio, adempiendo completamente le Scritture ebraiche. Se il riferimento in 13,52 è autobiografico  («Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche»), l'evangelista potrebbe riconoscersi nel ruolo di insegnare come Gesù ha perfezionato e compiuto il meglio  nell’ebraismo.

Il Vangelo di Luca sottolinea la pace e la guarigione che accompagnano Gesù ovunque egli vada. La missione della chiesa verso i gentili  è evidenziata in modo preminente, probabilmente perché l'autore immaginò che il suo lavoro potesse  avere una platea di lettori ampiamente diffusa. Poiché gli Atti degli Apostoli furono scritti dallo stesso autore, si può vedere come i temi del Vangelo siano continuati nel secondo volume. In ambedue le opere, il cristianesimo è raffigurato in amicizia con Roma e nato tra ebrei pii e profondamente religiosi, secondo il piano divino di Dio. Il culmine della presentazione di questo scrittore è la scena in cui l'apostolo Paolo, l'eroe delle chiese dei gentili, predica liberamente la buona novella  nella capitale di un impero globale.

A causa della dipendenza  di Matteo e Luca da Marco, tutti e tre i Vangeli sono altamente interrelati. Per questa ragione, sono indicati come i Vangeli "sinottici" , “che vedono il tutto insieme ”. Le loro somiglianze  rendono possibile una trascrizione del  Vangelo in modo "parallelo", in cui tutti e tre i Vangeli sono disposti fianco a fianco in tre colonne, consentendo una rapida valutazione delle concordanze e delle  differenze delle loro narrazioni.

Tale facilità di comparazione non si può trovare quando si considera il Vangelo di Giovanni. Questo Vangelo, scritto per ultimo (verso la metà degli anni '90), si discosta dai Vangeli sinottici in molti aspetti importanti. Per esempio, quasi mai Gesù parla con parabole, ma con lunghi discorsi; egli non predica del regno di Dio come nei sinottici, ma di se stesso; ed egli rovescia i tavoli nel tempio, proprio all'inizio del suo ministero, non alla sua conclusione. Inoltre, lo scrittore giovanneo usa un vocabolario unico comprendente termini come “dall'alto”, “Paraclito”, “elevato in alto” e “luce/tenebra”. La maggior parte degli studiosi ritengono che tali differenze si siano verificate per alcuni motivi: 1) lo scrittore non possiede i racconti sinottici, anche se ovviamente ha accesso a tradizioni pre-sinottiche su Gesù (comprendenti forse una raccolta di miracoli di Gesù);  2) la comunità dell'autore ha una storia distinta che ha modellato i suoi punti di vista; 3) la chiesa dell’evangelista si trova  in mezzo a certe controversie che hanno influito profondamente su di essa.

In ogni caso, questa breve presentazione del consenso attuale degli studiosi sulle origini e le relazioni dei Vangeli potrebbe essere visualizzata con profitto in forma grafica:

Leggendo i Vangeli

Prima di continuare, il lettore potrebbe voler consultare i racconti del battesimo di Gesù a cui si alluderà in questa sezione. Cfr. Mc 1,9-11; Mt 3,13-17 Lc 3,21-22; Gv 1,29-34.
Gli strumenti critici che hanno permesso agli studiosi di indagare come i Vangeli siano nati non si limitano a fornire interessanti informazioni storiche. Hanno anche prodotto nuove consapevolezze di come oggi i vangeli vanno letti e apprezzati. Tali comprensioni sono state portate avanti con decisione da organi ufficiali nella tradizione cattolica romana (compreso il più autorevole organismo cattolico - un concilio ecumenico), anche se l'effetto di queste proclamazioni sta appena cominciando ad essere avvertito nella comunità cattolica.

Nel 1964, la Pontificia Commissione Biblica emise una Istruzione sulla verità storica dei Vangeli. Il lavoro della Commissione venne  ripetuto e definito come dogma dalla Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione del Concilio Vaticano II. La prospettiva che ambedue i documenti offrono è enormemente importante. Come vedremo, essi sostengono che i Vangeli non possono essere considerati semplicemente come “biografie” di Gesù nel senso del XXI secolo. Sono invece degli scritti concepiti per riflettere e promuovere la fede nella salvezza della Chiesa delle origini.
Fondamentalmente, l'Istruzione (indicata con il numero del paragrafo) ha dichiarato che i lettori moderni del Vangelo devono essere consapevoli che il testo che leggono  contiene materiali che hanno una datazione proveniente da “tre stadi di tradizione” nella consapevolezza teologica sviluppata nella Chiesa delle origini (2). I Vangeli non rappresentano una affermazione mono-dimensionale di fede. Piuttosto, essi testimoniano il fatto che la consapevolezza di fede della Chiesa delle origini sperimentò un processo di sviluppo, che si dispiegò nei decenni del I secolo. In questo processo di sviluppo una pietra miliare particolarmente cruciale fu la risurrezione di Gesù.

 

 I tre stadi della Tradizione nei Vangeli
Primo stadio : IL MINISTERO DI GESU’
La predicazione e l’attività storica di Gesù
a partire dall’anno ’30 in poi
Secondo stadio : LA PREDICAZIONE DEGLI APOSTOLI
La proclamazione del Crocifisso e Risuscitato dopo la risurrezione
 34-65
Terzo stadio : IL LAVORO DEGLI EVANGELISTI
Narrazioni determinate dai contributi personali e dagli interessi degli scrittori
70-95

 

Nel primo stadio,  vi sono certamente  materiali e tradizioni che ebbero origine durante il  ministero di Gesù, a partire dall’anno 30, trasmessi da testimoni oculari di quel ministero. Per esempio, tutti e quattro i Vangeli, in vari modi, fanno riferimento al fatto storico del battesimo di Gesù da parte di Giovanni il Battista. Mentre le loro presentazioni di questo avvenimento possono variare (come si vedrà poi), esse sono chiaramente tutte consapevoli del fatto che l'avvenimento si è verificato. Nel descrivere questa primo stadio della tradizione, l'Istruzione sottolinea che Gesù insegnò e parlò secondo “le forme di pensiero e di espressione allora in uso” (2). Sembrerebbe quindi che, perché i cristiani del XXI secolo possano comprendere chiaramente le parole di Gesù, essi debbano avere qualche conoscenza del mondo del giudaismo della Galilea nel I secolo.

Nel secondo stadio, i Vangeli contengono intuizioni che si ebbero durante la predicazione degli apostoli, dopo la risurrezione  di Gesù dalla morte. “Dopo che Gesù risuscitò dai morti e la sua divinità apparve in modo chiaro….. gli apostoli hanno presentato ai loro uditori quanto Gesù aveva realmente detto e operato con quella più piena intelligenza da essi goduta” (2). In altre parole, dopo la risurrezione, i seguaci di Gesù giunsero a rendersi conto che Dio stesso era stato a loro presente nella persona del loro compagno nazareno, e cominciarono a predicare Gesù usando titoli come "Signore" e "Figlio di Dio” . Questi titoli onorifici potevano essere stati conferiti a Gesù solo alla luce dell'esperienza della risurrezione. La predicazione dei primi missionari cristiani  su Gesù fu permeata dalla loro consapevolezza, seguita alla risurrezione, della sua divinità. Tornando al nostro esempio precedente del battesimo di Gesù, si può osservare come questo secondo stadio della tradizione si manifesti nei Vangeli. In Mc 1,11, dopo che Gesù è battezzato una voce dal cielo gli dice:  «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».  L'affermazione è chiaramente destinata a beneficio dei lettori perché questo annuncio piuttosto sorprendente non provoca nessuna reazione da parte dei presenti nel Giordano. (Questo è vero anche in Mt 3,17, dove l'evangelista ha modificato la proclamazione celeste in : «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento»  apparentemente, non rivolto a Gesù, ma a qualcuno che stava ascoltando. Ancora non c'è alcuna risposta dai presenti). La comprensione post-risurrezione di Gesù della chiesa delle origini  viene annunciata al lettore proprio all'inizio del ministero di Gesù.

Nel terzo stadio, i Vangeli sono sicuramente stati influenzati dalle preoccupazioni, interessi e circostanze degli evangelisti. Ogni Vangelo è stato scritto secondo “ un metodo corrispondente al fine che ognuno [degli autori] si proponeva. Fra le molte cose tramandate, ne scelsero alcune; talvolta compirono una sintesi, tal altra, badando alla situazione delle singole chiese”(2). Ancora una volta sono i racconti del battesimo a fornire un esempio. Sembra che vi siano stati seguaci di Giovanni Battista, che credevano che egli fosse, in realtà, il Messia, e che erano rivali del movimento cristiano emergente. Il fatto storico che Gesù era stato battezzato da Giovanni si rivelò un imbarazzo per alcuni cristiani nelle loro discussioni con questi "battisti", perché si poteva dedurre che il battesimo mostrava che Gesù considerava se stesso subordinato a Giovanni. Questo imbarazzo sembra aver motivato lo scrittore di Matteo ad aggiungere questo cambiamento alla sua versione della scena del battesimo di Marco:

Giovanni avrebbe impedito [a Gesù di essere battezzato], dicendo:  «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare (Mt 3:14-16).

 L'inserimento di questo passaggio, che è proprio solo di Matteo, è il modo dello scrittore di informare i suoi lettori che persino Giovanni comprese chi in realtà fosse il battezzatore. Allo stesso modo, il Vangelo di Giovanni si occupa con lo stesso disagio del fatto di Gesù battezzato da Giovanni. Lo scrittore sottolinea ripetutamente la condizione del Battista: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce” (Gv 1,6,8); “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me” (1:15,30); “Egli [Giovanni] confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo» (1:20). Dopo questa serie di smentite, l'evangelista evita la scena imbarazzante del battesimo non presentandola ! Invece, egli presenta il Battista che  si riferisce all’accaduto indirettamente (Gv 1,30-34). Di nuovo, lo scopo di richiamare l'attenzione su questi racconti variabili del battesimo è di spiegare come gli interessi degli scrittori del  Vangelo negli anni '70, '80, '90 influenzarono la loro rappresentazione del ministero di Gesù.

Nel discutere il terzo stadio della tradizione, il tempo in cui visse l'evangelista, l' Istruzione fa l'osservazione estremamente importante che nella lettura dei Vangeli, si deve cercare “quale fosse l'intenzione dell'evangelista nell'esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto” (2). Questa affermazione indica che dovremmo cercare di percepire Gesù nel modo in cui fa  l'autore sacro. I Vangeli devono essere apprezzati nelle loro proprie caratteristiche e non essere trattati come se fossero stati composti da credenti del XXI secolo.
Una istruzione del 1984 della Pontificia Commissione Biblica, Bibbia e Cristologia, dice così:

Le tradizioni evangeliche furono raccolte e, a poco a poco, trascritte in questa luce pasquale, finché, alla fine, trovarono la loro forma definitiva in quattro libri. Essi non sono delle semplici raccolte di «tutto quello che Gesù fece e insegnò» (At 1,1), ma lasciano spazio anche a interpretazioni teologiche. Si deve perciò cercare in essi la cristologia di ciascun evangelista… Gli autori del Nuovo Testamento, in quanto pastori e dottori, in realtà testimoniano del medesimo Cristo, con voci diverse nella sinfonia di un canto unico [2.2.2].

La natura dei Vangeli

A una lettura superficiale, i Vangeli sembrano biografie. Essi narrano la storia della vita di Gesù;  due di loro iniziano con la sua nascita e si concludono con gli eventi di poco successivi alla sua morte. Ma un esame più accurato rivela che gli evangelisti non sono interessati alla nostra nozione di storia, ma vogliono, in primo luogo, trasferire le loro intuizioni  ispirate, piene di fede, all’interno del significato religioso di Gesù.

Un esempio eccellente di questa intenzione teologica si può vedere confrontando i due Vangeli che contengono narrazioni dell'infanzia, Matteo e Luca. A causa della bellezza e dello sfarzo  delle nostre cerimonie di Natale, tutti noi  conosciamo gli avvenimenti che circondano la nascita di Gesù.  Una lettura attenta dei racconti del Vangelo, tuttavia, indica che la maggioranza delle persone conosce solo (di nuovo) una miscela “omogeneizzata” delle due narrazioni. Le loro contraddizioni su un  piano storico non sono di solito rilevate ma. in modo ancora più spiacevole, viene impedito un  pieno coinvolgimento con le profonde concezioni su Gesù degli scrittori. Sarebbe utile leggere prima Mt 1,1-2,23 e Lc 1,1-2,52; 3,23-38, e poi esaminare la seguente tabella sintetica che mostra le discrepanze storiche.

 

Una comparazione delle narrazioni dell’infanzia

Matteo
Luca
Genealogia di Gesù da Abramo a Giuseppe, comprese cinque donne (1,1-17) A Zaccaria ed Elisabetta, già anziani, è detto che avranno un figlio il cui nome sarà Giovanni (1,5-25).
Giuseppe pensa di divorziare dalla sua promessa sposa , Maria, perché è incinta (1,18-19). Gli è detto in un sogno che Maria ha concepito dallo Spiriro Santo. Egli obbedisce al comando di sposarla (1,20-24) A Maria di Nazaret è detto da un angelo che concepirà un figlio dallo Spirito Santo. Ella acconsente (1,26-38) e poi visita sua cugina Elisabetta (1,39-56).  Nasce Giovanni figlio di Elisabetta (1,57-80).
Giuseppe non ha rapporti con Maria finchè ella non ha  un figlio che egli chiama Gesù (1,25)

Cesare ordina un censimento che costringe Maria e Giuseppe a lasciare Nazaret e viaggiare fino a Betlemme (2,1-5).

Quando Gesù è nato a Betlemme , i magi arrivano a Gerusalemme, cercando il “Re dei Giudei”. Erode dice loro di andare a Betlemme e riferire  (2,1-10)

Mentre è a Betlemme , Maria dà alla luce un figlio, lo avvolge in fasce  e lo pone in una mangiatoia, perché  per loro non c’era posto (2,6-7).

In Betlemme i magi vanno nella casa, vedono il bambino con Maria, lo adorano e gli offrono oro, mirra e incenso.Avvertiti in sogno, vanno a casa per un’altra strada  e non riferiscono a Erode (2,11-12).

Un angelo dice ai pastori nei campi che il Salvatore è nato a Betlemme (2,8-14). Essi trovano Maria e Giuseppe, e il bambino in una mangiatoia.  Dicono le parole dell’angelo e Maria le medita nel suo cuore (2,15-20).

Giuseppe è avvertito in sogno di fuggire in Egitto per scampare ai progetti assassini di Erode. Egli obbedisce (2,13-15).

Alla fine degli otto giorni, alla sua circoncisione, il bambino è chiamato Gesù (2,21)

Erode, furioso per il mancato rapporto dei magi, ordina di uccidere tutti i bambini maschi più piccoli di due anni in Betlemme e i suoi dintorni (2,16-18).

Maria e Giuseppe portano Gesù a Gerusalemme per il rito di purificazione. Nel tempio, Simeone gioisce. Una anziana profetessa, parla  a tutti del bambino (2,22-38).
Dopo la morte di Erode, a Giuseppe è detto in un sogno di tornare in Israele. Ma sentendo che il figlio di Erode ha il potere, Giuseppe . guidato in un sogno, si ritira in Galilea e si stabilisce a Nazareth (2,19-23)

Avendo obbedito alla legge, tornano a Nazaret (2,39-40).
*
Gesù a dodici anni (2,41-52)
*
Genealogia di Gesù da Giuseppe indietro fino ad Adamo (3,23-38)

 

Ad un livello puramente storico, i due racconti pongono problemi interessanti. La versione di Luca precisa che Maria e Giuseppe sono nativi di Nazaret, che devono viaggiare a Betlemme per un censimento e poi tornare a casa. Matteo, comunque, considera Giuseppe e Maria a Betlemme fin dall’inizio (2,1 è la prima citazione della località), i magi li visitano nella loro casa (2,11) e  successivamente Giuseppe decide di mettere radici in Galilea per timore del figlio di Erode. Luca non mostra di conoscere magi dall'Oriente né un massacro di massa di bambini né la frenesia omicida di Erode. Invece, Giuseppe e Maria compiono pacificamente atti di culto nel cuore di Gerusalemme, capitale di Erode, mentre la profetessa Anna e Simeone, incuranti di ogni pericolo per il bambino, pubblicamente proclamano Gesù come il Cristo. Matteo, d'altra parte, non è a conoscenza di nessun censimento né di rapporti di parentela tra Gesù e Giovanni il Battista, né di mangiatoie o  pastori. Documenti storici del I secolo non contengono alcun riferimento all’ infanticidio erodiano di Matteo (anche se sono menzionate molte altre cose negative su Erode) o ad un censimento del tipo che Luca descrive come emanato da Roma.

Tutti questi problemi non implicano che le narrazioni dell'infanzia siano prive di qualsiasi informazione storica, ma solo che la storia non è il principale interesse degli evangelisti . Entrambi gli scrittori hanno tradizioni secondo le quali  Gesù nacque da Maria e Giuseppe (ma Luca mette in evidenza il ruolo di Maria, mentre l’attenzione  di Matteo è su Giuseppe), che Gesù nacque a Betlemme e crebbe a Nazareth (sebbene Matteo inizi con Giuseppe e Maria a Betlemme e dobbiamo eventualmente spostarli a Nazareth, mentre Luca comincia con loro a Nazaret e deve portarli a Betlemme per la nascita), e che Gesù fu concepito per opera dello Spirito Santo. Questo ultimo elemento è la più significativa delle tradizioni a causa del suo significato teologico per gli autori sacri. E così, volgiamo la nostra attenzione a ciò che è veramente importante – gli scopi religiosi degli evangelisti.

 Si è suggerito che entrambi i racconti dell'infanzia introducano e racchiudano tutte le diverse intuizioni  che gli evangelisti svilupperanno  ulteriormente nello svolgimento dei loro Vangeli . Come  è già stato detto, lo scrittore del Vangelo di Matteo concepisce Gesù come la manifestazione definitiva della rivelazione divina, portando a perfezione tutte le qualità delle figure di eroi nelle scritture di Israele. Come Mosè, la vita del neonato Gesù è insidiata da un re malvagio che ordina la morte di tutti i bambini maschi (Es 1,22), ma egli fugge perché è destinato a salvare il suo popolo. Giuseppe, che come il suo omonimo riceve  messaggi nei sogni (Gen 37,5-11; 40,5-19, 41,14-36), apprende che “sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”, proprio come a Mosè fu detto dal Signore che “sono morti quanti insidiavano la tua vita”(Es 4,19).  La chiamata di Gesù fuori dall'Egitto (Mt 2,15) riecheggia ancora un altro tema dell'Esodo.

La consapevolezza dell’evangelista dell'importanza della morte di Gesù appare anche nel racconto dell’infanzia. I magi vengono dall'Oriente  a cercare "il re dei Giudei", un titolo che non apparirà di nuovo in Matteo fino al processo di Gesù e alla sua crocifissione. Si noti che i magi pagani imparano qualcosa del piano di Dio attraverso una manifestazione della natura, ma devono scoprire i suoi dettagli, consultandosi con i capi dei sacerdoti ebrei  e gli scribi che possiedono le  Scritture Sacre di Dio (Mt 2,2-4), ma che, secondo Matteo, non ne capiscono i  contenuti. Si noti, inoltre, che i capi dei sacerdoti e gli scribi appariranno di nuovo insieme con Pilato,un altro governante corrotto, al processo di Gesù. I doni dei magi di oro, incenso e mirra  hanno tutti tonalità funebri, anticipando di nuovo  la morte di Gesù . Inoltre, proprio come il significato della nascita di Gesù fu inaspettatamente percepito dai magi pagani attraverso un evento sorprendente della natura, così anche il significato della sua morte sarà per primo compreso da pagani Romani  a seguito di un notevole fenomeno naturale (Mt 27,54 –“Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!»).

Anche la narrazione dell’infanzia di Luca contiene importanti prospettive teologiche. Si noti che Maria e Giuseppe sono raffigurati come ebrei pii, osservanti scrupolosi della legge. Essi (specialmente Maria), ascoltano la parola di Dio e la osservano, circoncidono il bambino secondo la pratica mosaica, partecipano a una presentazione e a una cerimonia di purificazione, e praticano il culto nel tempio ogni Pasqua. (Sono inoltre rappresentati come obbedienti alla legge romana, come dimostra l’esigenza del censimento – prova di una preoccupazione dell'evangelista negli anni '80).  Questa pietà religiosa è poi proseguita nella successiva presentazione del Vangelo di Gesù come un uomo che spesso prega.  Il Gesù di Luca, come sarà discusso in dettaglio in seguito, ha anche un interesse particolare per il povero e l’umile. A differenza del Gesù di Matteo, che riceve dignitari da lontano, il neonato di Luca è posto in una mangiatoia, dove viene visitato da pastori che vengono dai campi alla ricerca del Salvatore. Durante la sua presentazione al tempio, appaiono gli anziani Simeone e Anna, profondamente religiosi, due figure profetiche che invocano Gesù come la salvezza di Dio per tutti i popoli, e l'ascesa e la caduta di molti in Israele. L’interesse  di Luca nel ritrarre Maria come il primo esempio di discepolo è evidente anche nel racconto dell'infanzia. Oltre a seguire la parola di Dio, ella la conserva e la medita nel suo cuore (Lc 2,19.51), anche se trafiggerà la sua anima (2,35).

Questo rapido esame degli orientamenti religiosi degli autori dei racconti dell'infanzia scalfisce solo la superficie di quei testi. Si spera che ciò sia servito a dimostrare che i Vangeli sono essenzialmente dichiarazioni di fede e  non principalmente biografie storiche. Le ambientazioni, i personaggi, e le parole dei personaggi in ogni particolare scena del Vangelo hanno tutti lo scopo di promuovere gli interessi teologici degli autori . Proprio come i Vangeli stessi non dovrebbe essere affrontati come se fossero scritti secondo le norme letterarie del XXI secolo, le dichiarazioni rese da persone particolari nel Vangelo non dovrebbero essere considerate come citazioni dirette registrate sul posto. Come esempio rapido, tutti i Vangeli hanno una qualche forma dell’avvenimento che abbiamo chiamato la confessione di Pietro. La seguente tabella illustra le parole di Gesù e Pietro in ciascun racconto:

Dichiarazione di Pietro nei quattro Vangeli

 

Mc 8:27-29

Mt 16:13-20

Lc 9:18-21

Gv 6:67-70

Gesù:

“Ma voi,chi dite che io sia?”

“Ma voi,chi dite che io sia?”

“Le folle chi dicono che io sia?”

“Volete andarvene anche voi?”

Pietro

“Tu sei il Cristo”

“Tu sei il Cristo,il Figlio del Dio vivente”

“Il Cristo di Dio”

“Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”

Gesù:

 

“Beato sei tu,Simone,figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato,ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”

“Non sono forse io che ho scelto voi,i Dodici ? Eppure uno di voi è un diavolo”

 

E’ chiaro che i diversi autori usano una memoria comune di un certo avvenimento per rivelare diverse intuizioni su  Gesù e Pietro, e che le parole di entrambi sono presentate di conseguenza. Si noti, inoltre, come il secondo  stadio della tradizione evangelica, il tempo successivo alla risurrezione, permea il vocabolario usato in questi versetti. Mentre chiamare Gesù "il Cristo" o l’"Unto" riflette una grande stima per lui come l'Agente di Dio, chiamarlo "Figlio del Dio vivente" comporta risonanze divine che si svilupparono solo dopo la risurrezione.

La nostra discussione delle istruzioni della Pontificia Commissione Biblica ci porta a un solo punto finale. Si potrebbe notare che la Commissione ha distinto tra gli apostoli e gli evangelisti. La prima predicazione degli apostoli è stata definita come secondo stadio, mentre la scrittura degli evangelisti si è verificata più tardi nel terzo stadio. Ciò riflette la conclusione dello studio contemporaneo della Scrittura che nessuno dei Vangeli fu scritto da reali testimoni oculari del ministero di Gesù , ma da cristiani di seconda o terza generazione. Ci sono numerose ragioni per questa opinione, ma una ovvia è il fatto che tutti i Vangeli furono scritti molti decenni dopo i fatti di cui parlano. Inoltre, i Vangeli originariamente circolarono in forma anonima. Gli scrittori apparentemente non  sentirono che le loro identità fossero così importanti quanto i loro messaggi. I nomi ora associati ai Vangeli - Marco, Matteo, Luca e Giovanni - non vennero loro attribuiti fino al secondo secolo. Per motivi di convenienza, questi nomi saranno usati in riferimento a un certo evangelista o al suo Vangelo, ma senza fare alcuna affermazione sulla reale identità degli scrittori.

Questo non vuol dire che i Vangeli non abbiano tradizioni apostoliche sottostanti, ma solo che gli autori reali non sono stati gli stessi apostoli. Questo è importante perché a volte si è affermato che i Vangeli di Matteo, e soprattutto Giovanni,  sono in qualche modo superiori a quelli di Marco e Luca, perché i loro autori furono membri dei Dodici e furono realmente testimoni di  molti degli eventi descritti. Poiché non conosciamo le identità degli evangelisti, ogni Vangelo deve essere apprezzato nella sua composizione unica e ricca di ispirazione. La  presentazione da parte di un solo scrittore di un episodio particolare - la confessione di Pietro, per esempio – non deve essere considerata migliore di un'altra, perché  aggiunge o esalta  alcuni passaggi. Piuttosto, ogni Vangelo deve essere rispettato e letto per le proprie uniche intuizioni all’interno del significato di Gesù. Dopo tutto, il significato della vita di Gesù non può mai essere esaurito, ma può essere concepito in una infinita varietà di modi.
Dopo aver esplorato in modo generale ciò che si conosce attualmente circa le origini e la natura dei Vangeli, la nostra attenzione sarà ora rivolta ad esplorare i tre Vangeli sinottici uno dopo l’altro. Mentre potrebbero essere scritti commentari in più volumi  su ciascuno di essi, il nostro scopo nei tre saggi seguenti sarà di diventare abbastanza familiari con i temi generali, gli interessi, e le percezioni di ciascuno dei tre autori sinottici. Come accennato in precedenza, saranno al centro dell’attenzione le cristologie dell'evangelista. Queste possono essere facilmente riassunte con queste frasi:

  • La sofferenza del Figlio dell'Uomo (Marco)
  • La Sapienza Vivente di Dio (Matteo)
  • Il Salvatore che guarisce e riconcilia (Luca)

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Traduzione dall'originale in inglese di Maria Brutti


Altri articoli:
* La sapienza vivente di Dio: Il ritratto del Gesù di Matteo
* Il Figlio dell’Uomo sofferente: il ritratto di Gesù in Marco
* Il Salvatore che guarisce e riconcilia: il ritratto di Gesù in Luca

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Philip A. Cunningham, Ph.D.

Professore e direttore dell’ Institute for Jewish-Catholic Relations della Saint Joseph's University di Philadelphia; membro del Council of Centers on Jewish-Christian Relations, del Christian Scholars Group on Christian-Jewish Relations, dell’International Council of Christians and Jews (secondo vice-presidente), della Catholic Biblical Association of America e webmaster di Dialogika, sito di risorse sulle relazioni ebraico-cristiane (http://www.ccjr.us/dialogika-resources)

Un sentito ringraziamento al professor Cunningham per aver messo a disposizione di Bibbiaparola.it il materiale tradotto in italiano.